in due parole, tanto per non farla lunga.

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Grafica milanese. Ossessionata, ossessiva, ossessionante (vedi alla voce figlia e madre e moglie, decisamente ossessionante). In un'altra vita volevo essere una di quelle tizie che vanno in giro a scoprire le nuove tendenze, si dice così? Come si porta l'orlo dei jeans e come ci si trucca per avere un aspetto vissuto ma etereo, cose di questo tipo. Nel frattempo cerco di fare poche cose ma discretamente bene. Non mi sono comprata l'impastatrice, per intenderci. E sono di quelle convinte che l'arte ci salverà la vita. Sempre se non ci prenderemo troppo sul serio, però.

mercoledì 19 gennaio 2011

Senza titolo.



Ieri ho passato tutto il giorno in ospedale.
L'ospedale è uno dei non-luoghi per eccellenza, dove il tempo si blocca, si cristallizza, dove la mente di chi attende nei corridoi viaggia a mille all'ora come un tornado impazzito.
Mentre ricordo quasi con divertimento la mia esperienza personale di ricovero, più di dieci anni fa, per un fatto assolutamente non grave, negli ultimi anni la parola ospedale per me (come per tutti di solito, dai trenta in su) significa qualcosa di molto più impegnativo e di serio, significa che ci sono persone all'interno della famiglia che, come diceva sempre il dottore di mia mamma - essendo il corpo una macchina - necessitano più di prima attenzioni e riparazioni, sempre più complicate e dolorose, ma inevitabili.
Personalmente ho cercato di calmarmi con i famosi profondi respriri imparati a yoga, con il cibo (tanto cioccolato bianco!), con la lettura (Cinemania di Gianni Canova; É nata una star di Nick Hornby); ma ognuno ha i suoi metodi.
C'è chi cammina psicoticamente su e giù, chi si attacca ai cellulari - ed ho visto anche qualche iPad, in giro; chi rompe l'anima agli altri parenti raccontando per filo e per segno le proprie sventure. Ma tutti, proprio tutti, vivono come dentro ad una bolla, dalla quale guardare il mondo attraverso una prospettiva completamente diversa dal solito. E non è che questo sia poi sempre un male.
Alla fine ti senti la fronte bollente per l'aria ferma e insana che hai respirato, e la cervicale che urla, però ti si scatena un pazzesco attaccamento alla vita ed una voglia matta di sesso droga e rock'n'roll, non so se sto rendendo bene l'idea!
Che poi dopo il viaggio verso casa e la cena e la corrispondenza da sbrigare e i vestiti da piegare, le forze erano ridotte a zero e l'unica cosa che sono riuscita a mettere in piedi è stato far partire un film che mi facesse pensare solo a corpi giovani e splendidi e a sogni grandissimi, e non più a tutta quella sofferenza, che il reparto dove sono stata tante ore è uno dei più inquietanti e io sono già fin troppo portata per natura alla malinconia.
Però tutto questo serve, eccome.
Enjoy.

(nella foto, il film che è mi venuto per primo in mente ieri, nel reparto di neurochirurgia; e sotto, quello che metto per primo sotto alla casella "sesso droga e rock'n'roll"... lo adoro, adoro tutti e tre i protagonisti e come è stata girata ogni scena...)

6 commenti:

Zelda was a writer ha detto...

non credo che riuscirò più a smettere di leggerti.
(che è una frase che mi suona male, ma tu hai capito)

pa ha detto...

@zelda

Onorata...

alessandra ha detto...

ma come stai ora?

Danila ha detto...

un abbraccione.

pa ha detto...

@alessandra:
io sto da dio, fisicamente.
è mia zia che ha avuto un pò di problemi...
moralmente, è un periodo duro...!
un bacio!

pa ha detto...

@dani:
anche a teeeeeeeeee!!!!!!!!!

bazzicano da queste parti:

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